Sono
giunto al Calvario sfinito, sanguinante, desideroso che tutto si compisse al
più presto, per porre termine alle atroci sofferenze.
Mi
fanno girare le spalle, anzi mi sono girato Io per salvare il Mio pudore, perché
le vesti mi vengono strappate con violenza da dosso e, giacché si erano
attaccate alle Mie ferite, esse, tirate giù con forza, si portano le carni che
vi si erano attaccate.
Le
Mie ferite si riaprono e il Sangue bagna a rivoli la terra.
Maria
si toglie il suo velo verginale e lo dà a Longino, che pietosamente lo prende e
lo dà ai carnefici perché ne fossi coperto.
Mi
sdraio sulla Croce.
Sono
legato come un malfattore, perché non potessi reagire ai furiosi colpi di
martello, che dovevano battere su chiodi giganti.
I
chiodi squarciano le Mie mani.
Emetto
solamente un grido, impulsivo, al primo colpo, perché in quel momento non lo
aspettavo; e poi silenzio, silenzio senza gemiti, agli altri colpi, agli altri
chiodi.
Quando
la Croce viene issata per fissarla nel foro stabilito, il Mio Corpo sballotta
da ogni parte. Le carni, le piaghe delle mani e dei piedi si squarciano, le
spine escono da una parte e si conficcano dall’altra, e creano nuove ferite,
maggior dolore, altro Sangue.
Non
posso stare in nessuna posizione: non posso drizzarmi sui piedi per respirare,
perché si allargano le ferite dei piedi. Non posso trovare una posizione che mi
dia un attimo di sollievo.
Il
Corpo si accascia sulle gambe e si allargano le ferite delle mani. Quale
spasimo!
Freddo,
sangue, sete, febbre altissima.
Chiedo
da bere, e mi danno la spugna imbevuta di mirra e aceto perché mi stordissi e
non sentissi tanto dolore. La rifiutai per soffrire nella pienezza dei Miei
sensi.
Ma
il dolore più grande, il dolore che faceva scoppiare il Mio Cuore prima che
fosse raggiunto dalla lancia, era la presenza di Mia Madre. Non potevo
incontrare il suo sguardo. Quanta pena, la Mia dolcissima Madre!
Due
Innocenti, due Cuori doloranti, due dolori scherniti, due dolori beffeggiati
per la ferocia del Mio Nemico.
Eppure,
in quell’immenso dolore, Mia Madre trovò la forza di pronunciare con Me le
stesse parole che Io rivolsi al Padre. Quelle parole le pronunciamo ancora
insieme – oggi – per salvare l’umanità perduta: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello
che fanno”.
Poi,
l’ultimo grido, spontaneo: invoco la Mamma.
Mamma,
sei stata Tu la più grande ferita che ha dovuto sopportare il Mio Corpo, perché
il tuo Figlio innocente, buono e santo, che per tutta la vita ti ha adorato, ha
dovuto darti dalla Croce un immenso dolore, che avrebbe voluto risparmiarti.
In
quell’immenso dolore, in quel grido di “Mamma!”, quando Lei perdeva il suo
Figlio innocente, partoriva l’umanità peccatrice, l’umanità a cui è stata data
la salvezza proprio per mezzo di Maria.
In
un immenso dolore, Gesù e Maria, in quegli spasimi, in quel Sangue, non hanno
pensato a Loro: hanno pensato a voi.
Hanno
pensato alla vostra salvezza, perché quel Dolore deve essere da voi tutti – da tutti
i salvati dal Sangue di Cristo e dalle Lacrime di Maria – deve essere glorificato
per l’eternità nel Paradiso.
Così
sia.
Fonte: © all rights reserved - Assunta Veltre, Ad Lucem per Crucem, Ed. Segno, Udine, 1992.
Fonte: © all rights reserved - Assunta Veltre, Ad Lucem per Crucem, Ed. Segno, Udine, 1992.
Nessun commento:
Posta un commento